Articoli | 9 Maggio 2024
Alghe… in tavola!
Prendendo spunto dalla recente pubblicazione in italiano della norma UNI EN 17480 sulla determinazione della produttività dei siti di coltivazione delle alghe, entriamo in un contesto agroalimentare innovativo in cui le norme tecniche possono dare un contributo importante.
Focus
Silvio Mangini
Convenor CEN/TC 454/WG5 Specifications for non-food/feed sector applications; Membro del CT003 GL20 Alghe e prodotti a base di alghe e GL23 Autenticità degli alimenti; Archimede Ricerche Srl
La norma UNI EN 17480 “Alghe e prodotti delle alghe – Metodi per la determinazione della produttività dei siti di coltivazione delle alghe”, ora disponibile anche in italiano, fornisce definizioni e requisiti utili per misurare la superficie e la produttività degli insediamenti per la coltura di alghe ai fini delle valutazioni tecnico economiche e di sostenibilità di tali attività.
L’utilizzo della norma si può ritenere indispensabile per paragonare le produttività di coltivazioni algali diverse per dimensione, collocazione geografica, tecnologia e fonte di luce per la fotosintesi, oltre che per la raccolta dei dati richiesti dai rilievi statistici – sia volontari che obbligatori – come i censimenti annuali della produzione.
La UNI EN 17480 guida l’utilizzatore della norma – sia il produttore che il verificatore di parte terza o dell’autorità di controllo – all’identificazione dei parametri, alla scelta delle formule di calcolo appropriate per l’elaborazione dei dati rilevati, e infine alla misura del volume produttivo e della produttività stessa dei siti di coltivazione algale.
Le rese colturali, infatti, sono state storicamente e permangono tutt’ora uno dei maggiori problemi nella qualificazione dell’industria delle alghe, sia per la cronica tendenza alla sopravvalutazione delle reali possibilità di queste attività, sia per la mancanza di un linguaggio comune per la descrizione e misurazione dei dati fondamentali.
Partire da una analisi realistica della produttività di questi siti è quindi già di per sé un segno di maturazione dell’industria delle alghe; essa, anche attraverso l’associazione europea EABA (European Algae Biomass Association) [1], ha contribuito fattivamente all’elaborazione della norma, che si colloca insieme alle altre elaborate dal CEN TC 454 “Algae and algae products” all’avanguardia globale del settore: un deciso cambio di rotta rispetto al ritardo fin qui accumulato dall’Europa sul fronte del mercato delle alghe rispetto ai grandi produttori storici asiatici [2].
L’utilizzo della norma si colloca, infine, anche alla base di qualsiasi seria valutazione di sostenibilità di una impresa per la produzione di alghe basata sull’accertamento del ciclo di vita del processo, non limitato agli aspetti ambientali, ma esteso all’intero campo socioeconomico sul quale occorre gestire lo sviluppo della risorsa alghe.
Lo sfruttamento equilibrato sia della raccolta o coltivazione algale in mare, che della produzione in sistema chiuso sulla terraferma senza competere con l’agricoltura tradizionale per il terreno arabile, pur avendo radici lontane nel passato, è senza dubbio innovativo e non riscontra nel pubblico occidentale l’ostilità spesso ingiustificata cui vanno incontro molti altri cibi “del futuro” come spesso vengono indentificati ad esempio gli insetti e le colture fermentative. Confrontare le rese agricole dei raccolti convenzionali con quelle ottenibili da questa acquacoltura biotecnologica richiede metodi di misura della produttività conformi a requisiti normativi autorevoli e ufficiali; di più, la stessa inequivocabile definizione di produttività come massa secca di prodotto per unità di superficie o di volume colturale e per unità di tempo, costituisce il fondamento per misure ripetibili, robuste e scientificamente coerenti. Per questo si introducono sia la produttività areica, adatta a tecnologie orizzontali in luce naturale, che la produttività volumica, adatta a qualsiasi tecnologia produttiva anche non fotosintetica o a sviluppo verticale, dove la definizione di area soleggiata viene meno.
In Europa l’interesse per le alghe come cibo sta crescendo grazie al riconoscimento delle loro straordinarie caratteristiche nutrizionali. Nonostante manchi una solida tradizione in termini di abitudine al consumo, nel nostro continente lo scenario sta cambiando velocemente anche grazie all’aumento di domanda di prodotti più sostenibili [3].
In questo contesto le norme tecniche dedicate a questo settore sono uno strumento potente di crescita a disposizione degli operatori, trasparente e verificabile, e tanto più rilevante quanto più l’industria alimentare vorrà trovare nella cosiddetta Blue economy [4], ispirata ai principi del European Green Deal e del Recovery Plan, quelle materie prime sostenibili e innovative che siano un efficace complemento a quelle tradizionali della pesca e dell’agricoltura.
Note:
[1] https://www.eaba-association.org/en
[2] Araújo, R.; Vázquez Calderón, F.; Sánchez López, J.; Azevedo, I.C.; Bruhn, A.; Fluch, S.; Garcia Tasende, M.; Ghaderiardakani, F.; Ilmjärv, T.; Laurans, M.; et al. Current Status of the Algae Production Industry in Europe: An Emerging Sector of the Blue Bioeconomy. Front. Mar. Sci. 2021, 7, 1247. [CrossRef]
[3] Cruz JD, Vasconcelos V. Legal Aspects of Microalgae in the European Food Sector. Foods. 2024; 13(1):124
[4] https://oceans-and-fisheries.ec.europa.eu/ocean/blue-economy/sustainable-blue-economy_en
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